SULMONA – Sit-in e assemblea conclusiva dove presentare lo “Snam affair”. Stamattina in conferenza stampa gli attivisti del coordinamento No hub del gas hanno presentato il documento che smonta per pezzo le tesi Snam e soprattutto la necessità di realizzare centrale e metanodotto in Valle Peligna. Secondo gli ambientalisti i consumi di gas sarebbero in discesa rispetto al passato grazie alle fonti rinnovabili che si stanno facendo spazio sul mercato Green e alle nuove tecniche di costruzione e ai vari bonus nazionali che prevedono cappotti termici e infissi a minore dispersione di calore.
Così domani si terrà la giornata conclusiva della carovana No hub del gas, che ha coinvolto cinque regioni Marche, Umbria, Lazio, Molise e Abruzzo, legate dal passaggio del metanodotto (i cui 5 tratti non sono stati ancora tutti autorizzati, come quelli dell’Appennino, mentre i due in Puglia sono stati già realizzati, più quello in Emilia Romagna già autorizzato ma non realizzato).
Si partirà alle 12 a Case Pente con un sit-in per poi proseguire alle 16.30 nel cinema Pacifico con la presentazione del dossier. In entrambi gli eventi, hanno detto stamattina in conferenza stampa gli organizzatori, saranno utilizzate le misure di sicurezza e prevenzione alla diffusione del Coronavirus, per questo sui 200 posti disponibili al cinema ne saranno occupati solo 70.
“Noi percorreremo la strada politica, che deve prendere atto dei fatti nuovi intervenuti sull’area frequentata dagli orsi e sui consumi che vanno riducendosi – interviene Mario Pizzola per i comitati cittadini per l’ambiente – la Via va rivista: è assurdo che non scada mai e che si basi il tutto su un provvedimento datato 10 anni”.
“Quella Via si basava sull’assenso che il metano era energia pulita – aggiunge Giovanna Margadonna – cosa assolutamente sbagliata è comprovata oggi”.
Come sono sbagliate le previsioni della Snam sui consumi di gas, messe in evidenza dal dossier che prende dati proprio dai bilanci e dai piani aziendali, dove nel 2018, 2019 e 2020 ritiene che la rete possa essere “congestionata”, ma basta rapportare il tutto ai consumi per capire che non è così. Nel 2005 si registra il massimo storico dei consumi con 86,2 miliardi di mq di gas. Poi i valori scendono in caduta libera, con una rete che nel frattempo si è ampliata e conta 13 centrali (ora 12 dalla dismissione di quella di Rimini).
Nel 2012 si registra una domanda di picco giornaliera che il 6 febbraio soddisfò 462 milioni di mq per un trimestre particolarmente freddo. Un dato eccezionale che la stessa Snam dice nei documenti interni di aver fronteggiato senza problemi.
Oggi si consumano 74 miliardi di metri cubi annui di gas (dato 2019) e Snam prevede una riduzione al 2030 di a 68 miliardi, che il governo abbassa ulteriormente a 59 (il 32% in meno rispetto al picco storico del 2005 e il 20% in meno rispetto ai consumi del 2019).
Dunque perché costruire nuovi metanodotti e centrali?, domandano gli ambientalisti.
“La risposta sta tutta negli incassi milionari che arriveranno dalle bollette degli italiani, dove saranno caricati tutti i costi delle nuove infrastrutture”, spiega Pietro Di Paolo, tra i promotori dello studio da più di 50 pagine che è durato diversi mesi.
A ciò si aggiunga la delibera di Arera (Autorità regolazione per energia reti e ambiente) numero 119 del 2019 che riconosce una remunerazione fissa del capitale investito del 5,7%, più un altro punto e mezzo in caso di opere strategiche e il tasso del 5,3 per il riconoscimento delle spese in oneri finanziari.
“Condizioni che nessun cittadino o imprenditore riuscirà mai a raggiungere nemmeno nella più rosea delle offerte bancarie”, conclude Di Paolo.