SULMONA – Il dramma dei commercianti, il grido di dolore alle Istituzioni arriva dall’Associazione sulmonese “Oltre la saracinesca” stremata dalla pandemia. Da qui un appello al sindaco ed alle forze dell’ordine.
“Perché così? Perché sempre a noi? Perché solo a noi? Perché questo? – domanda il presidente Venanzio De Panfilis – Siamo sotto un vero e proprio attacco. Sembra che sia stato deciso di sterminarci a tutti i costi. Stiamo solo cercando di sopravvivere e mandare avanti le nostre famiglie, invece ci sentiamo trattati come fossimo lì a delinquere. Sarebbe auspicabile che fosse chiaro, che capiate come siamo ormai nella disperazione totale, perché nessuno ci aiuta. Nessuno ascolta il nostro grido di aiuto che per molti ormai si è trasformato in un assordante silenzio e rassegnazione. Abbiamo tutti contro ormai, nemmeno fossimo degli assassini. Perfino le testate locali, anziché evidenziare le nostre sofferenze, sono lì pronte come avvoltoi a crocifiggere con piacere e ricostruzioni fantasiose coloro che malauguratamente dovessero essere sanzionati per violazione delle regole. Regole che purtroppo pare che debbano essere rispettate solo per alcune tipologie, di luoghi e attività. Avevamo chiesto il supporto alle istituzioni ed alle forze dell’ordine, invece il supporto si è trasformato in accanimento terapeutico verso un malato terminale. Si sta sparando sulla croce rossa. Non non ci stiamo e chiediamo, pertanto, un immediato confronto con il sindaco e le forze dell’ordine.
In un anno abbiamo lavorato si e no quattro mesi senza restrizioni, perché secondo il CTS saremmo gli untori d’Italia, ma i contagi non diminuiscono. Si continua ad imporci nuove restrizioni. Siamo sempre stati attenti nel rispettare i protocolli con ingressi contingentati, distanziamento, riduzione dei posti, sanificazione ecc. senza alcun aiuto da parte dello stato, perché i vari ristori promessi non arrivano nemmeno al 10 % delle spese che si affrontano. In compenso però le varie tasse (Tarsi Inps Irpef IVA ecc) non si fermano. Siamo giunti allo stremo. Alle persone, che continuano a segnalare alle forze dell’ordine, quando vedono tre o quattro persone davanti a un bar, chiediamo di non chiudere gli occhi quando vanno nei vari centri commerciali e supermercati. Invece qui da quasi sette mesi non si sente altro che multe e chiusure solo di bar ristoranti, solo perché ci stavano alcune persone davanti a bere un caffè o un drink. Gravissimo reato. Non siamo delinquenti, stiamo solo cercando di lavorare per mandare avanti le nostre famiglie ma siamo trattati come i peggiori criminali.
Un anno fa e per i mesi successivi il pensiero era costante su come andare avanti ed era inesorabilmente collegato alla sola speranza di un aiuto, ne bastava anche poco, pur di superare il momento. Speranze che sono svanite con i mesi al punto di essere disposti a barattare la propria professionalità con qualsiasi altra cosa pur di vivere. Oggi si è andati ben oltre la fine della propria dignità professionale, oggi il pensiero va solo ai mesi di sacrifici dedicati alla crescita del proprio locale, creato pezzo per pezzo con i familiari ed ora purtroppo chiuso, smantellato.
In tali condizioni qual è il senso di appartenere a questa comunità? Chi tutela le nostre famiglie? Se è vero che la nostra Repubblica si fonda sul lavoro e che, in caso di crisi, si dovrebbe trovare le condizioni che rendano effettivo tale diritto. Non ci si sente più rappresentati; semmai umiliati nel profondo, riscontrando che le istituzioni se ne prendano beffa con promesse mai mantenute e nell’ indifferenza, ignorando come il motore del paese sia legato a quei sacrifici degli esercenti con le proprie famiglie, in tanti, che vedono svanire le attività. La dignità al lavoro non è qualcosa che qualcuno può concedere ma, in un paese civile, dovrebbe essere qualcosa che nessuno può togliere”.
Da qui i ringraziamenti ironici alle istituzioni.
“Dopo un anno possiamo dire grazie Stato, grazie Regione, grazie Provincia, ma soprattutto grazie Comune, per aver giocato con la vita e la salute del tuo popolo”, conclude De Panfilis.